Come da programma, il terzo incontro del ciclo “Dal Macro al Micro” si è tenuto sabato 18 maggio: la relatrice Prof.ssa Roberta Carboni, docente di geografia economica, ha introdotto il concetto di “geografia emozionale”, già affrontato precedentemente presso il Liceo Scientifico “Amedeo Di Savoia Duca d’Aosta” in occasione della Giornata della Terra. Stavolta, complice la maggiore disponibilità di tempo, il tema del cosiddetto “accidente della nascita” come imprinting che influenza pesantemente il percorso di vita del singolo individuo è stato affrontato in maniera molto più approfondita.
In questa sede, come autore di questo breve resoconto, ho deciso di riportare alcune riflessioni personali sul tema, che potrebbero fornire spunti interessanti al lettore e anche alla stessa relatrice per futuri incontri. Per un quadro introduttivo sul tema, il lettore è caldamente invitato a fare riferimento alla rispettiva sezione del precedente articolo del blog.
L’accidente formativo
Una prima riflessione è nata da un aneddoto che la relatrice ha raccontato relativamente al proprio percorso formativo: nel suo caso, la scelta dello studio della geografia antropica, più amichevolmente detta geografia umana, è stata frutto di un episodio di scontro con un docente universitario, che l’ha spinta a spostarsi dall’ambito storico a quello geografico. Se da un lato l’accidente della nascita riguarda l’aspetto della prima infanzia, non possiamo nascondere che il processo formativo – che si estende per un lasso di tempo decisamente superiore, fino all’età adulta – rappresenta un altro “accidente” molto rilevante nel determinare il percorso individuale. Nel bene e nel male, i nostri mentori hanno un peso enorme nell’orientare le nostre scelte. Credo che siano numerosissimi i casi di persone che inizialmente pensavano di odiare profondamente una specifica materia, ma poi, in seguito all’incontro di un docente particolarmente carismatico e appassionato, hanno finito per dedicarsi proprio a quella materia. Oppure, al contrario, sono altrettanto numerosi i casi di quelle persone che si erano persuase di aver identificato con certezza assoluta un ambito che li appassionava, ma hanno finito per disinteressarsene a seguito di un docente che non ha fatto bene il proprio lavoro. Credo che questi esempi dovrebbero rappresentare degli spunti di riflessione per i docenti di ogni ordine e grado, fino a quelli universitari.
Questione di epigenetica
Durante l’intervento, la relatrice ha spesso menzionato il concetto di “determinismo geografico”, anche se ogni tanto è stata usata la parola “influenza”, che ha un significato un po’ meno forte e lapidario. A tal proposito, è stato introdotto il concetto di “epigenetica”, la branca della biologia che si occupa di stabilire come l’ambiente può influenzare l’espressione genica e quindi di fatto orientare il percorso individuale. L’esempio più concreto di questo tipo di influenza riguarda il caso dei gemelli omozigoti: pur avendo la stessa identica sequenza di DNA, se esposti a condizioni ambientali diverse, i due gemelli possono andare incontro a destini completamente diversi. Sempre in questo ambito, è stato menzionato il ruolo delle cure materne come ulteriore forma di imprinting. A tal proposito, nella sessione delle domande mi sono preso la libertà di fare qualche commento sul tema dell’epigenetica, sottolineando che si tratta di fenomeni reversibili, anche in questo caso nel bene e nel male: da un lato, gli individui che hanno ricevuto ottime cure durante l’infanzia mediamente manifestano maggiore resistenza allo stress e superiori capacità di adattamento, ma se esposti eccessivamente a condizioni ambientali sfavorevoli, anche in età avanzata, possono subire una sorta di “involuzione” e perdere quei vantaggi epigenetici che avevano guadagnato durante l’infanzia; dall’altro lato, gli individui che hanno vissuto un’infanzia difficile mediamente sono molto suscettibili allo stress e riscontrano grandi difficoltà di adattamento, ma se esposti sistematicamente a condizioni ambientali favorevoli possono recuperare tutti quei benefici che avrebbero già avuto se avessero vissuto un’infanzia serena. Questo per ricordare che non esiste davvero un “determinismo geografico” in senso stretto, nel senso che nessuno è da considerarsi irrimediabilmente “compromesso”. Allo stesso modo, i resilienti non possono essere considerati come definitivamente “immuni” rispetto a forme di regressione. E questo ragionamento vale anche per i diritti e la democrazia, che una volta ottenuti non possono essere considerati come scontati, ma vanno difesi ogni giorno.
Si invita il lettore ad approfondire la teoria dell’attaccamento attraverso le ricerche di John Bowlby.
Guerra e identità
Come già menzionato nell’incontro per la Giornata della Terra, i luoghi raccontano delle storie. In questo senso, la perdita del luogo di infanzia – in seguito a guerre, o per effetto di catastrofi naturali – rappresenta un vero e proprio lutto per chi lo subisce. Torna quindi il tema della guerra e della sua brutalità. Dal momento che i luoghi raccontano storie e che queste ultime determinano l’identità di chi le vive, appare evidente che le guerre, con la distruzione dei luoghi nemici, rappresentano anche atti di distruzione delle identità degli avversari, senza le quali è molto più facile sconfiggerli. Da questa prospettiva, la brutalità della guerra assume una tinta ancora più cupa, carica di una volontà distruttrice veramente atroce, che ha tra le sue vittime anche (e forse soprattutto) luoghi, storie e identità. La guerra ha la capacità di trasformare un “posto del cuore” positivo in uno negativo: la vittima, oltre a subire il lutto della perdita del luogo di infanzia, può sviluppare una forma di rancore legata a quel ricordo, e in futuro potrebbe decidere di “vendicare” quella perdita dichiarando guerra a sua volta. Uno dei fenomeni più rilevanti in questo senso è la cosiddetta “radicalizzazione”, a causa della quale stiamo assistendo all’aumento degli episodi di terrorismo internazionale.
Geografia dei sensi
Durante l’intervento, il ruolo dei cinque sensi è stato ricorrente, con particolare riferimento a udito e olfatto, ma non sono mancati riferimenti al tatto, con una speciale menzione al mondo vegetale. L’olfatto è molto studiato per la sua capacità di influenzare pesantemente le emozioni: a questo proposito si invita il lettore ad approfondire gli studi del Prof. Enzo Pasquale Scilingo (Università di Pisa) sul cosiddetto “odore delle emozioni”, e si suggerisce la lettura del libro “Il profumo” di Patrick Süskind. Molti hanno sicuramente familiarità con la strana sensazione che si prova quando ci si trasferisce nella casa delle vacanze o quando si torna alle proprie case in città a fine vacanza: le case hanno un odore che risveglia in noi una schiera di emozioni, soprattutto quando non si è più assuefatti al loro odore. La familiarità olfattiva è anche una questione culturale e identitaria, tanto che i forti odori delle culture orientali possono rappresentare spesso fonte di disagio per l’individuo occidentale medio, ma per chi ci è abituato e per qualche ragione è costretto a trasferirsi in un luogo dove questi odori sono assenti, sicuramente si emozionerà positivamente nel sentire quegli stessi odori che molti di noi considerano troppo forti.
Riguardo all’udito, anche in questo incontro è stato menzionato l’esempio della campana come elemento rassicurante durante alcuni periodi storici. In effetti, la campana può essere considerata il corrispettivo acustico del faro, e può permetterci di orientarci in una giornata di nebbia o durante una notte buia e tempestosa. Tuttavia, alcuni fenomeni sociali, come la laicizzazione dello stato, in certe epoche storiche hanno indotto la popolazione a ritenere il suono delle campane come un elemento di disturbo, esaltando invece altri tipi di rumore, come quello delle fabbriche, che simboleggiava il progresso. Da questo esempio si capisce come anche il suono possa rappresentare un elemento culturale e identitario.
Autori, e testi consigliati
Giuseppe Dessì (https://www.youtube.com/watch?v=_pX97gMHzqw)
Stefano Mancuso (https://www.youtube.com/watch?v=vWQnXwT2NfI)
Le emozioni nascoste delle piante – Didier Van Cauwelaert
Simone Potenti